Li vedo arrivare da distante e poi, piano piano, li metto a fuoco.
Sono gli antipolitici che decidono di diventare politici. Una categoria vasta, di cui ho ormai un certo repertorio.
Sono queste persone un fenomeno sociologico poco studiato, eppure assai visibile, reso ancora più evidente grazie ai Social, che offrono spazio e popolarità anche al peggio del peggio.
Esiste, in più, nella Rete lo straordinario vantaggio di avere la memoria e chi si dedica alle ricerche di indizi li trova con grande facilità. Certe miserie si fissano nel tempo e tornano dal passato. Una miniera che si dimostra preziosa anche contro certi voltagabbana.
C'è ormai da anni chi guarda ai governanti e - con l’arrivo della democrazia - agli eletti con sentimenti negativi con diverse coloriture e gradi di violenza.
Gli insulti e il dileggio nei confronti dei politici sono, senza dubbio, una pratica antica quanto la politica stessa. Non sono un fenomeno moderno, nato con i social media o con la crisi di fiducia contemporanea, sebbene il Web possa avere amplificato la diffusione e le modalità di certe pratiche.
A me è capitato. C’era una Tizia che si è divertita in passato a fare caricature in cui venivo preso in giro e ritratto come mostruoso. Ovviamente c’è anche chi mi considera - e lo scrive - stupido e incapace. Esiste chi, pur senza neppure conoscermi, gioca sull’arroganza e la superbia.
In generale ci sono poi filoni che riguardano azioni e decisioni politiche, come le promesse non mantenute rispetto a quanto detto in campagna elettorale oppure accuse per decisioni assunte. Si va dalle critiche agli insulti in un batter d’occhio. C’è poi la pista – e in certi casi è difficile non essere d’accordo – con chi cambia posizione politiche in modo disinvolto con autentiche “giravolte”.
Facile poi l’accusa verso i politici, visti come un'élite privilegiata e distante. La percezione di sprechi, stipendi elevati o privilegi associati alla classe politica alimenta la rabbia e il risentimento.
I politici sono talvolta criticati per un linguaggio troppo formale, tecnico o "politichese", che viene percepito come distante dalla realtà quotidiana delle persone. Il dileggio può mirare a smascherare questa "artificiosità". Spesso i discorsi politici sono visti come privi di contenuto o pieni di promesse vuote, diventano facile bersaglio di satira e dileggio.
Intendiamoci: bisogna ammettere una funzione catartica, se non si passa il segno. Insultare o dileggiare i potenti può essere una valvola di sfogo contro le frustrazioni, la rabbia e il senso di impotenza.
Nel dibattito politico, la polemica eccessiva è uno strumento per delegittimare l'avversario, minandone l'autorevolezza e la credibilità. Insultare un "nemico" comune può rafforzare la coesione all'interno di un gruppo o di una fazione politica e più si è settari e più si adopera questa modalità.
Molto viene amplificato e peggiorato dall’anonimato sulla Rete, dove scorrazzano odiatori di varia natura e persino vere e proprie “bande” organizzate, che occupano gli spazi, seguendo progetti per screditare e diffamare.
Ma torniamo a chi tuona, inveisce, rumoreggia contro la politica e i politici e poi vorrebbe entrare a far parte del meccanismo.
Naturalmente l’alibi di mosse di questo genere è di altissima nobiltà. Della serie: entro per cambiare le cose e per denunciare dal di dentro tutte le nefandezze. Se alcuni dicessero la verità vincerebbero un premio. Mi riferisco a chi cannoneggia la politica perché l’antipolitica e l’antiparlamentarismo, intrisi di demagogia e populismo, fruttano voti e allora cavalcare l’onda diventa una scelta che sul breve può dare il suo risultato.
Un seggio vale tutto questo.