Esiste qualcosa di schizofrenico nelle manifestazioni violente contro la nuova ferrovia Torino-Lione nelle stesse ore in cui si inaugura il raddoppio del traforo stradale del Fréjus.
Chi contesta il traforo ferroviario, che dovrebbe essere il caposaldo in questa nostra parte delle Alpi del trasferimento delle merci dalla strada alla rotaia, finisce per condannare la Val di Susa al traffico dei TIR.
Infatti con il raddoppio diventa l’itinerario più allettante per i camion, pur in presenza di un collegamento stradale peggiore di quello valdostano, pensando alla tangenziale di Torino e alle caratteristiche tecniche della A32 Torino-Bardonecchia ben diverse dall’autostrada del Bianco.
Il raddoppio del traforo stradale del Fréjus (tra Italia e Francia, tra Bardonecchia e Modane) è un progetto infrastrutturale che ha previsto la realizzazione di una seconda galleria parallela a quella esistente, all’inizio motivata da soli ragioni di sicurezza, diventando poi una seconda canna vera e propria con il traffico che avrà una sola corsia per senso di marcia, con la galleria opposta usata come via di sicurezza.
Se ho ben capito, dopo l’apertura della nuova canna, la galleria esistente sarà chiusa temporaneamente per essere adeguata agli stessi standard di sicurezza e ci sarà un di conseguenza un periodo intermedio per il reale completamento.
Per capire i tempi di realizzazione di una seconda canna (analoga alla lunghezza del traforo del Monte Bianco) gli scavi iniziarono nel 2009 in risposta alla direttiva UE post‑incidente nel Monte Bianco del 1999 e dunque ci sono voluti 16 anni.
Ricordo che il tunnel “vecchio” fu regolato da una convenzione bilaterale firmata il 23 febbraio 1972, ratificata in Italia con la legge n. 878 del 18 dicembre 1972, che prevedeva la costruzione e gestione del Traforo del Fréjus a cura delle concessionarie SFTRF (francese) e SITAF (italiana).
Ma in realtà già nel 1965, durante l’inaugurazione del traforo del Monte Bianco, fu firmato un protocollo d’intesa preliminare fra i due governi per il Fréjus. Questo avviò la pianificazione preliminare dell’opera.
Nel 2007 che i due paesi decisero formalmente di procedere con la realizzazione di una seconda galleria (inizialmente concepita come canna di sicurezza ma progettata, come avvenuto, con possibilità di apertura successiva al traffico) e due anni dopo iniziarono i lavori. La mancanza di informazione avvenuta ha creato il dissenso in Val di Susa, cavalcata poi dai gruppi antagonisti urbani che hanno scelto tattiche violente in opposizione. Il versante francese, tranquillo per molti anni, ha visto poi crescere oppositori in ambito locale con prevalente appoggio di gruppi ambientalisti.
Intanto, tornando alla strada, ormai i camion che transitano al Fréjus con una media che oscilla ormai fra i 700-800mila Tir sono più del il doppio rispetto a quelli del Monte Bianco, tenendo conto anche dei lavori di rifacimento del tunnel del Bianco che dal 2024 bloccano l’accesso al traforo per alcuni mesi in periodo autunnale e lo saranno, se non cambieranno le cose, sino al 2050.
Per cui il traforo del Fréjus, che ora ha una capacità maggiore, registrerà ragionevolmente un costante aumento dei flussi
. Ora qualche valutazione personale. Da Presidente della Commissione del Parlamento europeo all’inizio degli anni Duemila incontrai amministratori della Val di Susa, prima che le proteste degenerassero, e ebbi la convinzione che la mancata informazione di un’opera calata dall’alto senza alcuna concertazione avrebbe creato quanto poi avvenuto. In secondo luogo resta evidente che il traforo ferroviario e la nuova linea afferente da una parte e dall’altra del lungo tunnel non sarà in esercizio prima del 2035 e questo innesca problemi seri fra oggi e allora per un sistema stradale ormai fragilissimo.
Aggiungo che mentre allora si era convinti che attraverso le Alpi le linee ferroviarie ( come il complesso sistema svizzero chiamato Alptransit e il futuro tunnel ferroviario del Brennero) avrebbero risolto i problemi, così come appunto con la Torino-Lione, oggi si è più consapevoli che il trasporto su gomma non scomparirà mai per tutte una serie di questi logistiche e economiche.
Per cui interrogarsi sul futuro del Monte Bianco, con i diversi scenari possibili (raddoppio in parallelo del traforo attuale, nuovo itinerario più in basso per le merci anche con ipotesi ferroutage – camion sui vagoni - per l’attraversamento), è legittimo e va fatto prendendo le decisioni a tre: Italia, Francia e Unione europea, da cui dipende la Rete Transeuropea dei Trasporti. Senza dimenticare la Valle d’Aosta e le comunità francesi al di là del Monte Bianco, che devono essere parte attiva e non passiva
Certo i tempi per le realizzazioni sono ben comprensibili e senza a scorciatoie, guardando a cosa capita al Fréjus per la ferrovia e quanto è avvenuto per la strada.